Nella seconda metà dell’Ottocento, in quest’antica dimora padronale abitavano i fratelli Maurizio e Isidoro Rasero, meglio conosciuti come “Cin e Durin”. I due scapoli trasformarono la casa in una fiorente azienda agricola, condividendo la loro semplice esistenza con un meraviglioso cavallo bianco, considerato a tutti gli effetti parte della famiglia. La tenuta divenne ben presto un punto di riferimento per il territorio circostante; molti abitanti della zona furono assunti dai fratelli Rasero, che coltivavano bachi da seta, producevano ottimo vino e allevavano il bestiame. Cin e Durin non amavano solo lavorare la terra: nel periodo della vendemmia, organizzavano piccole rappresentazioni teatrali all’interno della tenuta per rallegrare la popolazione locale. Poi arrivò la guerra, e la loro dimora fu aperta a tutti coloro che cercavano un rifugio sicuro dai bombardamenti. Proprio durante il periodo bellico, i due fratelli e l’adorato cavallo bianco furono i protagonisti di una particolare vicenda. In una fredda notte, un gruppo di loschi individui decise di introdursi nella tenuta simulando un’imboscata da parte delle truppe militari tedesche. Cin e Durin furono costretti a consegnare il loro carro più bello, custodito gelosamente nella “carusera”; insieme al carro, i due impostori pretesero anche il cavallo bianco. D’altronde, la necessità aguzza l’ingegno e il contadino, si sa, ha le scarpe grosse e il cervello no: Durin non assicurò saldamente il carro al cavallo, sperando che quest’ultimo fuggisse facilmente, lasciando a piedi i due furfanti. Il semplice trucco funzionò. Il carro fu ritrovato abbandonato a valle, e anche il loro fedele e più grande amico fu trovato sano e salvo a poca distanza, in direzione di San Paolo Solbrito. Nessuna traccia invece dei soldati tedeschi, o meglio dei due malviventi locali, che scapparono a gambe levate tra le campagne circostanti. Questa disavventura è una storia a lieto fine, da poter ricordare e tramandare alle giovani generazioni, ma non è l’unica. Molti abitanti di Villafranca, in particolare gli anziani di Regione Sant’Antonio, ricordano un altro episodio che accadde all’interno della tenuta. Durante i lavori di costruzione dei seminterrati della struttura, una parete di tufo crollò improvvisamente, investendo appieno due operai, rimasti sotto le macerie. Venne subito lanciato l’allarme, fu avvisato il medico condotto di zona e da tutte le cascine di Sant’Antonio accorsero uomini, donne e bambini, per scavare e cercare di salvarli. Il signor Giancarlo R. ricorda ancora oggi: «Si scavava velocemente per estrarli ancora in vita. Usavamo solo le nostre mani, perché con le pale e i picconi avevamo paura di mettere ancora più a rischio la loro incolumità». Giancarlo ricorda ancora che uno dei due operai, nei giorni seguenti, vide i suoi capelli neri, diventare bianchi come la neve per lo choc subito. Anche questo episodio, se pur tragico, ebbe un epilogo positivo: fortunatamente si salvarono tutti. Alla morte dei due fratelli, la tenuta venne venduta, ereditata e poi dimenticata. Tuttavia, la favola che sembrava essere finita, negli ultimi anni si sta arricchendo di nuovi ed emozionanti capitoli. Merito degli attuali proprietari, due giovani intraprendenti che con passione, volontà e tenacia, hanno permesso a questa antica dimora di tornare a risplendere. La tenuta è stata sapientemente restaurata nel tempo, pur mantenendone inalterata l’architettura originale. A testimonianza del suo passato, si trovano, vecchi utensili, vecchie botti, ferri di cavallo arrugginiti, le cantine e molto di più. Passeggiando nel parco e percorrendo i corridoi della tenuta, è ancora possibile respirare la storia dei fratelli Rasero.